Prefazione del libro "Il mio Amico Gatto" a cura di Giucar Marcone

Da qualche tempo si fa un gran parlare del comportamento che gli uomini devono avere con gli animali, in particolar modo con quelli classificati domestici. Si susseguono in televisione programmi che parlano di questi nostri “amici”, ultimo in ordine di tempo quello di Michela Brambilla, ma non dimentichiamo che agli albori della TV, negli anni cinquanta del secolo scorso, c’era un programma seguitissimo che parlava di ogni tipo di animale, condotto e ideato da “l’amico degli animali” Angelo Lombardi.

            Ma davvero tutti coloro che posseggono un animale possono considerarsi loro amici? Ho i miei dubbi perché spesso esso viene ostentato come un oggetto decorativo, un qualcosa da mostrare, ma poi d’abbandonare come accade per cani e gatti nei periodi di vacanze. Eppure questi nostri amici che chiedono un po' d’affetto, talvolta vengono considerati alla pari di un soprammobile da gettare quando ci si è stancati di tenerlo. Chi ama davvero gli animali (esseri viventi come l’uomo, dotati di sentimenti “umani”), prima di “adottarli”, dovrebbe studiarne i comportamenti, capirne le necessità, e, non è esagerato, creare per loro le condizioni più idonee per il quotidiano vivere.

            È quanto ha fatto l’amico Peppino Tozzi che ha scritto “con amore” il libro “Il mio amico gatto”, una guida, un vademecum che affronta ogni aspetto della vita di un gatto. Il gatto è l’animale più indipendente che ci sia, accoglierlo in casa vuol dire rispettare anche i suoi comportamenti, vuol dire accettarlo nella sua diversità come parte della famiglia che lo ospita.

            L’amicizia tra uomini e gatti, d’altronde, è antica come il mondo; recenti scoperte archeologiche hanno accertato che il rapporto tra l’uomo e i gatti risale a non meno di 12.000 anni fa. Per gli antichi egiziani il gatto era considerato sacro e sottoposto alla venerazione del popolo e guai a sopprimerlo. I colpevoli erano puniti con la morte.

            "Chi possiede una natura raffinata e delicata può comprendere un gatto. Le donne, i poeti e gli artisti lo tengono in grande considerazione, perché comprendono la squisita delicatezza del suo sistema nervoso; in realtà, solo chi è rozzo non riesce a capire la naturale distinzione di questo animale", scriveva nell'Ottocento il romanziere francese Champfleury.

            Ernest Hemingway, autore di romanzi come “Per chi suona la campana” o “Il vecchio e il mare” amava circondarsi di decine e decine di gatti. Rudolph Kipling, anche lui gattofilo, scrisse “Il gatto che se ne andava da solo”, un piccolo gioiello letterario; “Il gatto nero” è uno dei racconti più famosi di Edgar Allan Poe. Il felino è il protagonista assoluto della celeberrima fiaba “Il gatto con gli stivali” di Charles Perrault, e di tante favole scritte nel VI secolo a.C. da Esopo e nell’1 d.C. da Fedro. Perché la scelta del gatto come attore principale o comprimario di tanti romanzi? Ebbene cari lettori, se dovessi indicare un animale come simbolo di libertà e di intelligenza, direi senza ombra di dubbio il gatto. Forse questo è il motivo per cui tanti letterati hanno inserito nei loro lavori il nostro caro amico gatto.

            Ecco perché apprezzo l’iniziativa di Peppino Tozzi di dare alle stampe “Il mio amico gatto”: chi considera il gatto un amico da amare e non da mostrare come un trofeo, s’accorgerà ben presto che il suo affetto sarà ripagato da altro affetto, e scoprirà di non essere solo nei momenti di solitudine perché a fargli compagnia ci sarà l’amico gatto.

            Concludo questa mia prefazione con le parole che Peppino Tozzi ha scritto nella sua introduzione: “Un gatto può diventare un grande maestro di vita per una persona aperta ad imparare. Un animale domestico è una creatura vivente con i suoi sentimenti, il suo carattere, il suo modo di essere e le sue esigenze. Va amato, rispettato e capito”.

Giucar Marcone

                                                                Giornalista e Scrittore